Secondo il nostro ordinamento il risarcimento non può essere superiore al danno effettivamente subito, e ciò in quanto il danneggiato deve essere ristorato di ciò che ha perso ma non deve acquisire un indebito vantaggio a seguito dell’adempimento all’obbligazione risarcitoria.

Tale principio è comunemente applicato in caso di sinistro automobilistico tutte quelle volte in cui il costo della riparazione del mezzo è superiore al valore commerciale dello stesso.

Infatti, ad esempio, se un’auto vale, secondo la quotazione di Quattroruote, Euro 4.000,00 e, per ripararla, tra pezzi di ricambio e manodopera è necessaria una spesa di Euro 4.500,00, il danneggiato non avrà diritto ai costi per la riparazione, ma ad un importo pari al valore del mezzo (Euro 4.000,00). Sarà, pertanto, il danneggiato stesso a scegliere se riparare l’auto, rimettendoci un po’, o rottamarla ed acquistarne una uguale, che, quanto meno teoricamente, potrà trovare sul mercato.

Applicando i principi su detti, la Cassazione ha deciso in un caso di risarcimento in forma specifica.

Tale tipo di risarcimento avviene quando il danneggiato ottiene il ristoro non per equivalente, e cioè in denaro, ma a mezzo di specifica prestazione da parte del danneggiante che procede, quindi, direttamente al ripristino dello status quo ante, cioè della situazione antecedente al fatto dannoso.

Nel caso di specie, il risarcimento in forma specifica era la diretta riparazione dell’auto da parte della Compagnia Assicurativa a mezzo di carrozziere convenzionato.

La Suprema Corte ha correttamente interpretato l’art.2058 c.c. il quale, stabilendo che il danneggiato può richiedere la reintegrazione in forma specifica qualora sia possibile, sancisce che, comunque, il Giudice deve disporre che il risarcimento avvenga per equivalente, nel caso in cui la reintegrazione in forma specifica sia eccessivamente onerosa per il danneggiante.

Pertanto, se il costo per la riparazione è superiore al valore dell’auto, neppure il risarcimento in forma specifica è ammissibile ed il danneggiato si dovrà accontentare di una somma, per equivalente, pari a detto valore.

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