L’interessante caso presentatosi avanti ad i Giudici di Milano riguarda il dissidio intervenuto tra due coniugi, in corso di separazione, riguardo alla iscrizione della figlia ad una scuola privata non italiana per l’anno scolastico 2015/2016.
La bambina, per concorde scelta dei genitori, frequentava, al momento della domanda, una scuola privata inglese, ritenuta al tempo preferibile a quella italiana per consentire alla minore il miglior apprendimento della lingua.
Il ricorrente, rilevando anche il notevole esborso di denaro per le rette scolastiche, riteneva che la scuola non avesse dimostrato quegli standard educativi che ci si aspettava e che la preparazione dell’alunna appariva nettamente inferiore e lacunosa rispetto ai coetanei frequentanti altre scuole, conseguentemente chiedeva che il Tribunale disponesse, per l’annualità successiva, l’iscrizione ad una scuola pubblica italiana.
Ovviamente il ricorso veniva presentato in quanto la madre non era d’accordo e rilevava che la richiesta avversa fosse dettata da meri interessi economici.
Il Tribunale ricordava un precedente giurisprudenziale, il quale aveva stabilito che “ nell’ipotesi di conflitto tra i genitori in ordine all’iscrizione dei minori a Scuola, preferenza e prevalenza va data alle istituzioni scolastiche pubbliche poiché espressione primaria e diretta del sistema nazionale di istruzione (art. 1 l. 10 marzo 2000 n. 62) nonché esplicazione principale del diritto costituzionale alla istruzione (art. 33 comma II cost.). Le altre istituzioni scolastiche (paritarie, private in generale), pertanto,possono incontrare il favore del giudice, nella risoluzione del conflitto, solo là dove emergano elementi precisi e di dettaglio per accertare un concreto interesse effettivo dei figli a frequentare una scuola diversa da quella pubblica. Peraltro, la scelta del giudicante nel senso della scuola pubblica è una scelta “neutra” che non rischia di orientare il minore verso determinate scelte educative o di orientamento culturale in generale (e ciò, invece, potrebbe avvenire nella designazione di una scuola privata)” (Tribunale Milano, sez. IX, 29 luglio 2014 ).
Nel caso specifico, non ritenendo sussistere motivi per discostarsi dai su detti principi, il Giudice ha stabilito che la bambina venisse iscritta alla scuola pubblica.
In effetti non sussisteva alcuna indicazione per ritenere fosse nell’interesse della minore farla permanere, nel dissidio tra i genitori, nella scuola privata inglese. Infatti entrambe le parti hanno riconosciuto piena capacità di apprendimento e mancanza di specifiche difficoltà riguardo alla figlia, qualsiasi scuola essa frequentasse.
Inoltre il permanere in una scuola internazionale anche per gli anni delle medie avrebbe condizionato anche il successivo percorso alle superiori, non essendo più in grado di inserirsi in un qualsiasi liceo italiano.
Conseguentemente, visto che la bambina era italiana e che non si prospettava ragionevolmente un suo trasferimento all’estero, appariva maggiormente nell’interesse della minore farla studiare secondo l’ordinamento italiano.
Pur condividendo il generale orientamento di privilegiare la scuola italiana a quella internazionale in un contesto di dissidio tra coniugi italiani, non si vede per quale motivo debba essere tout court privilegiata la scuola pubblica rispetto a quella paritaria, offrendo entrambi una formazione sostanzialmente identica, pertanto si ritiene che, in casi come quello di specie, si debba decidere caso per caso senza alcun preconcetto.
L’interessante caso presentatosi avanti ad i Giudici di Milano riguarda il dissidio intervenuto tra due coniugi, in corso di separazione, riguardo alla iscrizione della figlia ad una scuola privata non italiana per l’anno scolastico 2015/2016.
La bambina, per concorde scelta dei genitori, frequentava, al momento della domanda, una scuola privata inglese, ritenuta al tempo preferibile a quella italiana per consentire alla minore il miglior apprendimento della lingua.
Il ricorrente, rilevando anche il notevole esborso di denaro per le rette scolastiche, riteneva che la scuola non avesse dimostrato quegli standard educativi che ci si aspettava e che la preparazione dell’alunna appariva nettamente inferiore e lacunosa rispetto ai coetanei frequentanti altre scuole, conseguentemente chiedeva che il Tribunale disponesse, per l’annualità successiva, l’iscrizione ad una scuola pubblica italiana.
Ovviamente il ricorso veniva presentato in quanto la madre non era d’accordo e rilevava che la richiesta avversa fosse dettata da meri interessi economici.
Il Tribunale ricordava un precedente giurisprudenziale, il quale aveva stabilito che “ nell’ipotesi di conflitto tra i genitori in ordine all’iscrizione dei minori a Scuola, preferenza e prevalenza va data alle istituzioni scolastiche pubbliche poiché espressione primaria e diretta del sistema nazionale di istruzione (art. 1 l. 10 marzo 2000 n. 62) nonché esplicazione principale del diritto costituzionale alla istruzione (art. 33 comma II cost.). Le altre istituzioni scolastiche (paritarie, private in generale), pertanto,possono incontrare il favore del giudice, nella risoluzione del conflitto, solo là dove emergano elementi precisi e di dettaglio per accertare un concreto interesse effettivo dei figli a frequentare una scuola diversa da quella pubblica. Peraltro, la scelta del giudicante nel senso della scuola pubblica è una scelta “neutra” che non rischia di orientare il minore verso determinate scelte educative o di orientamento culturale in generale (e ciò, invece, potrebbe avvenire nella designazione di una scuola privata)” (Tribunale Milano, sez. IX, 29 luglio 2014 ).
Nel caso specifico, non ritenendo sussistere motivi per discostarsi dai su detti principi, il Giudice ha stabilito che la bambina venisse iscritta alla scuola pubblica.
In effetti non sussisteva alcuna indicazione per ritenere fosse nell’interesse della minore farla permanere, nel dissidio tra i genitori, nella scuola privata inglese. Infatti entrambe le parti hanno riconosciuto piena capacità di apprendimento e mancanza di specifiche difficoltà riguardo alla figlia, qualsiasi scuola essa frequentasse.
Inoltre il permanere in una scuola internazionale anche per gli anni delle medie avrebbe condizionato anche il successivo percorso alle superiori, non essendo più in grado di inserirsi in un qualsiasi liceo italiano.
Conseguentemente, visto che la bambina era italiana e che non si prospettava ragionevolmente un suo trasferimento all’estero, appariva maggiormente nell’interesse della minore farla studiare secondo l’ordinamento italiano.
Pur condividendo il generale orientamento di privilegiare la scuola italiana a quella internazionale in un contesto di dissidio tra coniugi italiani, non si vede per quale motivo debba essere tout court privilegiata la scuola pubblica rispetto a quella paritaria, offrendo entrambi una formazione sostanzialmente identica, pertanto si ritiene che, in casi come quello di specie, si debba decidere caso per caso senza alcun preconcetto.