La Cassazione, con una sentenza assolutamente innovativa, ha sostanzialmente parificato la costituzione di una “famiglia di fatto” al nuovo matrimonio in relazione alle conseguenze sull’assegno di mantenimento riconosciuto in sede di divorzio.
Come noto, l’ex coniuge che convola nuovamente a nozze perde automaticamente l’assegno divorzile a cui aveva, eventualmente, diritto, ciò per il logico ragionamento in base al quale, avendo egli espressamente deciso di costituire una nuova famiglia e ricevendo adeguata tutela in essa, viene meno la ratio del diritto al mantenimento rispetto al precedente matrimonio.
I Giudici di legittimità, discostandosi dalla giurisprudenza precedente che riteneva, in casi similari, sussistere una sorta di quiescenza del diritto all’assegno, che sarebbe ripreso una volta venuta meno la nuova convivenza, hanno ritenuto sostanzialmente di equiparare al nuovo matrimonio la costituzione della famiglia di fatto.
L’equiparazione non è totale dato che nel primo caso la cessazione del diritto al mantenimento è automatica, mentre nel secondo è soggetta all’accertamento giudiziale, ma certamente è molto, ma molto avanzata.
La Corte, quindi, prosegue nel suo percorso di attribuire al nucleo familiare non legato dal vincolo del matrimonio sempre maggior rilevanza avvicinandolo sempre di più a quello tradizionale e richiamando ”l’istituto di elaborazione giurisprudenziale della “famiglia di fatto“, da intendersi non come mera convivenza more uxorio, ma come vera e propria “famiglia”, portatrice di valori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni componente, e di educazione e istruzione dei figli, che trova un riconoscimento nell’art. 2 Cost”.
Il ragionamento è che, quando i conviventi elaborino e mettano in pratica un progetto di vita in comune, chi di loro goda di un assegno divorzile debba accettare che “il parametro dell’adeguatezza dei mezzi rispetto al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale… non può che venir meno di fronte all’esistenza di una vera e propria famiglia, ancorchè di fatto”.
Conseguentemente l’ex coniuge non può più pretendere di mantenere lo stesso tenore di vita rapportato alla pregressa convivenza matrimoniale e, quindi, il diritto all’assegno di mantenimento divorzile viene definitivamente meno.
Ciò anche in applicazione del principio di affidamento applicabile a chi era onerato dell’assegno, che, confidando nella stabilizzazione di altro rapporto in capo all’ex coniuge, ha il ragionevole convincimento di non dover più corrispondere alcunché.
Quanto stabilito dalla Corte suscita alcune perplessità.
Infatti, a parte le questioni di carattere ideologico sull’equiparazione tra “famiglia di fatto” e quella fondata sul matrimonio, non può evitarsi di rilevare la difficoltà nella determinazione dei criteri per individuare quando ci sia una convivenza stabile tale da determinare la figura di “famiglia di fatto”, soprattutto in assenza figli, nonché i dubbi sulla tutela della parte più debole che, una volta perso l’assegno di mantenimento, nel caso in cui venisse meno la convivenza more uxorio non avrebbe alcun mezzo di sostentamento né dal convivente, salvo che non siano stati stipulati patti specifici (ma, ad oggi, sono molto rari), né dall’ex coniuge.