La sentenza che prendiamo oggi in esame ha ad oggetto lo spinoso problema dei parcheggi a pagamento, che tanto infastidiscono gli automobilisti e che è diventato di grande attualità, particolarmente a Roma dove l’Amministrazione ha deciso di punto in bianco un aumento del 50% delle tariffe, portandole da un Euro ad un Euro e mezzo l’ora.

Come noto l’art.7 del Codice della strada consente ai Comuni di istituire aree destinate a parcheggio subordinato al pagamento di una tariffa, ma perché ciò sia lecito deve essere riservata “una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta. Tale obbligo non sussiste per le zone definite a norma dell’art. 3 “area pedonale” e “zona a traffico limitato”, nonché per quelle definite “A” dall’art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, e in altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla Giunta nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico.”

Conseguentemente, per essere legittima la sosta tariffata devono alternativamente o esistere nelle vicinanze aree a parcheggio gratuito o sussistere i requisiti di esenzione dell’obbligo del Comune di riservare aree gratuite, requisiti esattamente indicati nella norma che abbiamo appena ricordato ( art.7 Cds).

Ciò è pacifico, ma in caso di impugnativa di una multa sulle strisce blu, chi ha l’onere di provare la legittimità o meno dell’area a pagamento e, più precisamente, è l’automobilista che deve provare l’inadempimento da parte del Comune dell’obbligo di riservare aree a parcheggio gratuito nelle vicinanze o la insussistenza dei requisiti di legge per l’esenzione a tale obbligo, oppure, al contrario, l’onere della prova riguardante la legittimità delle strisce blu spetta al Comune?

La Suprema Corte ha chiaramente stabilito che la prova della legittimità delle strisce blu deve essere fornita dall’Amministrazione comunale, per cui, se essa non viene data, la sanzione amministrativa deve essere annullata.

Tale decisione, assolutamente condivisibile, in effetti non fa altro che applicare il generale principio dell’onere della prova previsto dall’art. 2697 del Codice Civile, il quale stabilisce che “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”.

Nel caso di specie, pur essendo l’opposizione proposta dal cittadino, in effetti la veste di attore sostanziale spetta all’Amministrazione, la quale è solo formalmente convenuta, per cui ad essa incombe l’onere di provare il fatto costitutivo del diritto alla irrogazione della sanzione amministrativa e, quindi, la sussistenza di tutti i presupposti di legge.

In conclusione, quindi, per impugnare una multa sulle strisce blu è sufficiente la mera contestazione della sussistenza dei requisiti di legge, ovviamente è bene accertarsi se in effetti tali requisiti manchino, onde evitare una soccombenza a seguito di una semplice difesa dal parte del Comune, il quale , in caso contrario, non avrebbe difficoltà a fornire la prova dei necessari presupposti.

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